La triste storia dei deportati libici sulle Isole Tremiti

Come altre località italiane, oggi famose per gli scenari paradisiaci che offrono, anche le isole Tremiti sono stati luoghi di confino e deportazione.  Se poco conosciuta è la storia degli omosessuali confinati a San Domino in epoca fascista, lo è ancor di meno quella dei deportati libici sulle isole Diomedee da parte dell’allora Regno d’Italia nel 1911. Una drammatica pagina della storia italiana che ebbe come protagonisti diverse centinaia di uomini, donne e bambini deportati in Italia con l’accusa di collaborazionismo con i ribelli locali. La maggior parte di questi deportati, data la scarsità d’igiene e le condizioni pessime di vita, morì per denutrizione e per malattia. Oggi a ricordo della triste storia dei deportati libici alle isole Tremiti è stato eretto un mausoleo in prossimità del cimitero sull’isola di San Nicola.

Quando alle isole Tremiti vennero deportati migliaia di libici:

Perché vennero deportati dei cittadini libici in Italia?

Le vicende che portarono alla deportazione di cittadini libici in Italia rientrano nel conflitto italo-turco che vide la contrapposizione del Regno d’Italia e dell’impero ottomano per il controllo delle regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica dal 1911 al 1912. Su carta, l’impero ottomano sembrava un nemico da abbattere facilmente, in realtà la guerra si rivelò più impegnativa e meno rapida del previsto. Inoltre, la popolazione libica considerò gli italiani più dei conquistatori che dei liberatori e per questo spesso scendeva al fianco dei soldati turchi negli attacchi alle truppe italiane, come avvenne nella battaglia di Sciara Sciat del 23 ottobre 1911. Per rappresaglia, l’esercito italiano massacrò la popolazione libica di Tripoli e il presidente del consiglio dei ministri italiano, Giovanni Giolitti, ordinò al generale Carlo Caneva la deportazione dei ribelli libici presso l’arcipelago delle isole Tremiti, informandolo che le Tremiti potevano accogliere oltre 400 detenuti. Tra il 25 e il 30 ottobre venne predisposta da Caneva la deportazione per migliaia di libici, smistati poi tra varie colonie penitenziarie italiane, tra cui Ustica, Favignana, Gaeta e Ponza. I deportati vennero catturati principalmente nell’area di Tripoli, ma non si trattò solo di ribelli: vennero confinati in Italia anche bambini, ragazzi, donne, anziani, mendicanti, contadini, mercanti e ricchi proprietari. Il viaggio durò circa 4 giorni su navi inadatte a trasportare uomini e donne, infatti molti morirono durante la traversata e i corpi vennero gettati a mare.

I deportati libici alle Isole Tremiti

Sulle isole Tremiti giunsero circa 1300 prigionieri, di cui 1 su 3 morì per le condizioni di vita pessime. L’arcipelago poteva ospitare circa 360 detenuti, quindi, molte persone furono costrette a vivere in modo promiscuo in stalle e in grotte scavate sul pendio del monte che sovrasta l’isola di San Nicola, spesso esposti all’intemperie. Inoltre, la scarsità di cibo e acqua, favorì l’insorgere di epidemie soprattutto di tifo petecchiale che dopo 5 mesi decimò la popolazione dei detenuti. 

Photo credits:

Foto di Giorgio Galeotti da Wikimedia

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